mercoledì 10 aprile 2013

Circa il Mercato di Piazza Storta


Bentvovati, amici cavissimi! Sono sempve io, Vomualdo, gvazioso pvincipe delle Mavche d'Avgento. Eccoci di nuovo qui pev un'altva emozionante puntata del cvossovev scvitto dall'ottimo PM! Bando agli indugi, quindi, ché il tempo è poco e mica tutti sono immovtali come me medesimo! Enjoy while you can! 

di PM

Moul il mendicante, meglio conosciuto nell'ambiente come il Sudicio, aveva fame.
Non aveva fame di carne, di pane o di formaggio, o almeno non solo di quello. Aveva fame di donne. Era passato molto, molto tempo dall'ultima, forse più che dall'ultimo pezzo di formaggio rubato al mercato, e ormai il desiderio lo rodeva dentro.
Moul cercava le sue donne nello stesso posto in cui cercava il formaggio: il mercato di Piazza Storta. In una città grande come la Capitale, cresciuta intorno al Palazzo Reale, ogni quartiere aveva la sua storia, le sue particolarità e il suo mercato, ma il mercato di Piazza Storta attirava i clienti da tutto il Regno. Li si mischiavano i nobili di Porta Dorata, i ricchi mercanti del Quartiere Nuovo, e la gente comune di Valletta, Triassico o del Quartiere Vecchio. Era cosa comune vedere nobili imbellettati e donnacce di dubbia moralità spalla a spalla nelle strette vie intorno alla Piazza, e anche la comunità dei mendicanti aveva imparato che a Piazza Storta si potevano trovare occasioni d’oro.
Moul conosceva tutti i mercanti della Piazza, anche se nessuno di loro conosceva lui. Sapeva dove trovare gli avanzi migliori, in quali bancarelle era più facile intascarsi un boccone o due senza essere notati, e dove appostarsi per borseggiare gli avventori distratti.
Moul era un mendicante molto abile. Ed era speciale. C'è chi nasce con il braccio per la spada, c'è chi nasce con la Vera Fede. E c'è chi nasce con la magia nelle vene. Quando Moul aveva fame di donne gli bastava desiderarle, e sarebbero venute da lui.


Era ormai quasi sera quando Dana e le Spade lo trovarono, sulla riva del piccolo fiume che attraversa la Foresta Logorroica. La creatura stava in piedi vicino ad un’ansa del ruscello, ondeggiando avanti e indietro, con lo sguardo fisso sull'altra riva. Gli alberi vicino a lui erano privi di foglie, cadute e ormai marcescenti, e solamente il suono dell'acqua rompeva il silenzio opprimente che lo circondava. La vedetta delle Spade, il primo a giungere sul posto, era inginocchiato contro un masso e dava di stomaco. Gli altri membri della squadra, con le mani tremanti sulle else delle spade, erano immobili nell'ombra della foresta.
Dana fece un cenno all'uomo alla sua destra “Portatelo via” ordinò con voce bassa e ferma, indicando la vedetta “e allontanatevi tutti. Non ho bisogno di voi, questa volta”
Ne di loro, ne di nessun altro, pensò. Nessuno nel raggio di miglia avrebbe potuto affrontare la creatura, se non lei. Riportò lo sguardo sulla figura vicino al fiume, e inspirò profondamente, indurendo l'espressione del viso insieme con il suo spirito. “Come acciaio” sillabò.
Mentre il rumore delle armature alle sue spalle le confermava che i suoi uomini stavano seguendo i suoi ordini, Dana fece un passo in avanti, uscendo da sotto gli alberi nella tenue luce della sera.
“Kail” chiamò, con voce pacata.


Moul guardava in alto i raggi di luce attraversare l'aria polverosa del vicolo. A quell'ora della sera le tegole sbeccate delle case intorno a Piazza Storta proiettavano ombre nitide, che tagliavano l'aria dividendo la citta' in giorno e notte.
Abbassò nuovamente lo sguardo sulla giovane che sorrideva alla bancarella di Mastro Gordo. Il viso, illuminato da una lama di luce, era ancora più splendente con quel sorriso. La desiderava. Desiderava quel sorriso solo per se. Si concentrò, nell'ombra del vicolo, e la giovane lentamente alzò lo sguardo dalla bancarella, andando ad incrociare il suo.
Anche Moul sorrise, un sorriso sdentato ma genuino, ed aspettò che la giovane si avvicinasse.


Von Braun conduceva il cavallo per le briglie nel fitto del sottobosco della Foresta Logorroica, seguito a pochi passi da Sven e dalla strega. Avevano lasciato l'accampamento dei briganti nel primo pomeriggio, partendo alla ricerca della principessa.
L'Inquisitore aveva ascoltato il racconto confuso del ragazzo e dei briganti rimasti al campo, ed aveva atteso il ritorno, a mani vuote, di Gaston prima di mettersi in viaggio. Chiunque fosse il responsabile del meschino gesto, era senza dubbio alcuno un maestro del sotterfugio. Le tracce che avevano seguito Gaston e gli altri briganti portavano al nulla, e le parole di Sven recavano il dubbio che non di semplici uomini si trattasse, ma di qualche minaccia sovrannaturale.
Aveva chiesto consiglio a Thorm, pregato che gli illuminasse la strada, e guidato dalla Vera Vista era arrivato fino al fiume, dove aveva sentito una presenza oscura, di cui ancora non poteva distinguere le forme. Aveva pensato al Conte in principio, ma non ne era piu' certo.
Poche decine di passi davanti a loro si apriva un varco nella foresta, dove il ruscello faceva un'ansa e gli alberi erano più radi. Avvicinandosi, notò una figura in armatura che avanzava sul greto del fiume, riflettendo sul lucido metallo i raggi obliqui della sera. La strega, in silenzio, si portò al suo fianco. Von Braun fece per avanzare, per uscire dal sottobosco in direzione dell'uomo, quando un improvviso attacco di panico gli congelò le membra.
Oltre la figura in armatura stava una creatura immonda. Era bastato un semplice sguardo per far vacillare lo spirito dell'Inquisitore, e ora poteva percepire distintamente il terrore che la creatura emanava, poteva dare un nome alla sensazione che provava da quando si erano avvicinati al fiume. Quello non era un semplice non-morto, un cadavere rianimato in un'esistenza blasfema, quella creatura emanava la Morte stessa.
Von Braun si voltò verso Sven, che stretto al tronco di un albero fissava con sguardo vuoto in direzione dell'essere, il volto pallido e le membra scosse da tremiti. La strega lo guardava con occhi imploranti, scuotendo muta la testa. Si aggrappò al simbolo di Thorm che portava al collo e mosso solo dalla forza della fede uscì dal bosco.


Le strade che portano a Piazza Storta erano gremite di gente. Il mercato stava chiudendo, e le folle si spostavano dalla Piazza alle molte locande che la circondavano. Moul si stava spostando di vicolo in vicolo, alla ricerca di un antro lontano dai troppi sguardi che lo perseguitavano, seguito a qualche distanza dalla giovane donna del mercato. Di solito nessuno notava il Sudicio, e chi anche si accorgeva di lui faceva presto a dimenticarsene. Ma quando usava la sua abilità, diventava improvvisamente cosciente di essere al centro dell'attenzione. Aveva bisogno di un posto dove portare la ragazza, dove se anche avesse gridato, cosa che a volte le donne di Moul facevano, nessuno lo avrebbe disturbato.


Dana era ormai a pochi passi dalla creatura quando sentì qualcuno avvicinarsi alle sue spalle.
Si voltò lentamente, cercando di non distogliere lo sguardo dal non-morto, per vedere un uomo di mezza età che si avvicinava dalla sponda opposta del fiume. Il volto teso ne rivelava le intenzioni, mentre le vesti ne facevano un Inquisitore di Thorm.
“Fermatevi, Inquisitore” lo apostrofò Dana tendendo la destra a mo' di monito “non procede oltre il ruscello”
L’uomo, evidentemente sopreso, si immobilizzò con l’acqua alle caviglie “Siete una donna?” chiese con voce insicura.
Alla voce di Von Braun la creatura parve risvegliarsi da un torpore, e alzando lentamente la testa, emise un suono basso e minaccioso, gli occhi bianchi fissi sull’uomo.
“Andatevene, adesso” ordinò Dana senza staccare gli occhi dalla creatura “non v’è nulla che possiate fare qui”
L’Inquisitore indugiava, evidentemente preso fra i suoi doveri e il buon senso “Non... non posso lasciarvi qui...”
“Vi ordino in nome della Corona di Ferro di andarvene!” sbottò Dana, snudando la spada in direzione dell’uomo.
Fece appena in tempo a girarsi mentre la creatura le si avventava addosso.


Dalla cima della scalinata che portava ad un buio magazzino, Moul si massaggiava le tempie, gli occhi socchiusi per la concentrazione. Aveva trovato il posto giusto finalmente, lontano dalle chiassose taverne e abbastanza vicino al Palazzo Reale perchè nessun altro mendicante ne rivendicasse il possesso. Ora doveva solo riuscire a convincere la ragazza a entrare nel vicolo.
Si concentrò ancora di più mentre la ragazza si avvicinava distrattamente al basso arco che conduceva alla scalinata. Doveva riconquistarne l’attenzione. L’aveva attirata li un po’ per volta, un richiamo dopo l’altro, come faceva con i piccioni quando aveva voglia di carne, una briciola dopo l’altra. Ora sarebbe bastato mostrare un tozzo di pane, e lei sarebbe corsa da lui. La ragazza indugiava sulle colonne all’entrata, guardandosi intorno. Quando infine lo sguardo cadde su Moul, sorrise e fece per entrare nel vicolo. Moul si strinse le mani sulle orecchie, chiamandola con il pensiero, la bocca sdentata aperta in estasi. Vedeva solo lei, sentiva solo lei, fino a quando due spanne di metallo gli uscirono dalla gola, interrompendone bruscamente la concentrazione.
La ragazza alzò lo sguardo, si guardò intorno con viso spaventato, e corse via da dove era venuta.
“Queste non sono le catacombe, Nano” sussurrò la Serpe, sfilando con il tacco la Lama dalla nuca del mendicante “dove ci hai portato?”




"La Capitale è la città più bella e romantica che ci sia, Odetta. Giardini, fiori, fontanelle e splendidi arazzi dappertutto!"
"Quello è il Palazzo, altezza. La Capitale continua anche fuori, sapete?"
"In che senso fuori?"

Cleofelia e Odetta due anni fa


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Con velenosa franchezza,

Archibald Lecter, segretario particolare del Re