venerdì 26 aprile 2013

Circa l'Arrivo a Porta Dorata


Vieccoci qui, miei cavi! Sono Vomualdo, il vostvo pvincipe pvefevito! Elfo fino al midollo, tivo con l'avco, adovo la natuva e sono Vegan al 100%! Spevo che siate tutti in buona salute e in accovdo con la Dea! Come sempve accade quando ho il piaceve di scviveve (che pavola difficile) su questo blog siamo di nuovo giunti ad un epico capitolo di PM, colui che collabova con il Bavdo umano alla stesuva delle cvonache del Vegno! E allova via, vevso nuove avventuve, giacché già odo gente che bovbotta pevché tvova il mio pavticolave modo di pavlave oltvemodo ivvitante! Enjoy!

di PM

Il volto del Falco era illuminato da una fredda luce azzurra mentre Spirto, la Lama Vampira, risucchiava la magia dal corpo del mendicante. "Non c'era bisogno di ucciderlo" disse a bassa voce l'Orso alle sue spalle. Era chino sul corpo della Principessa, ancora profondamente addormentata. La Serpe si voltò lentamente, e con un movimento del polso scrollò il sangue dalla Lama. "Avrebbe approfittato di quella ragazza" rispose in un sussurro da dietro la maschera scarlatta. Alzando lo sguardo accigliato il gigante sbottò "Ci risiamo, Serpe... tu non sai quello che avrebbe fatto, sai solo quello che avrebbe voluto fare!" "E l'unica cosa che divide il desiderio dall’azione è la lama della spada" tagliò corto la ragazza, rinfoderando la Lama al fianco. L'Orso fece per ribattere ancora, ma uno sguardo del Nano lo zittì. “Smettetela, dobbiamo arrivare al castello prima che qualcuno veda la Principessa” li rimproverò secco. 
Li aveva portati nel punto sbagliato della Capitale, ed il Falco sapeva quanto il mezzuomo odiasse sbagliare. Ma le Vene della Terra non sono facili da seguire, e non avevano avuto abbastanza tempo per comprenderne il reticolo: sarebbero dovuti arrivare nelle segrete del Palazzo Reale, ed invece erano comparsi vicino a Piazza Storta.  
"Magari anche la giovane avrebbe apprezzato..." abbozzò il Falco sarcastico, cercando di riattizzare l’alterco, e uno stiletto andò immediatamente a piantarsi a una spanna dal suo orecchio. Istintivamente afferrò la lama con la sinistra e la rilanciò indietro alla Serpe, che la evitò con noncuranza. “Ho detto di smetterla!” tuonò il Nano. “Orso, aiutami con il mendicante..” ordinò, avvicinandosi al corpo. Il Falco si massaggio’ il braccio sinistro. Una fitta di dolore lo aveva attraversato nel momento in cui aveva scagliato lo stiletto, ma era già un ricordo. Adesso poteva sentire i muscoli gonfi sotto il cuoio del guanto pulsare non in agonia ma, al contrario, quasi in estasi. Spostò leggermente la manica del soprabito, ma la pelle del braccio era ancora di un colore malato. Alzò di scatto lo sguardo, e incrociò quello della Serpe. Rimasero un lungo attimo con gli occhi gli uni negli altri, e poi la Serpe gli sussurrò “Guarda” Dalla spessa porta di legno alle sue spalle spuntava solo l’elsa dello stiletto, il resto dell’arma era penetrato tanto in profondità da non essere più  visibile. Si guardo’ intorno, ma né il Nano né l’Orso sembravano essersi accorti della cosa, impegnati a nascondere il corpo del mendicante da qualche parte. Si avvicinò alla porta e con poca convinzione tentò di estrarre il pugnale, che non si mosse di un capello. Si voltò verso la Serpe, che lo osservava in silenzio, e abbasso’ di nuovo lo sguardo sul braccio sinistro. Un misto di paura ed eccitazione lo pervase.

Von Braun fissava la ragazza in armatura trattenendo il fiato. L’elmo le era volato via nella colluttazione, rivelando dei capelli biondissimi e una fronte imperlata di sudore. Nella destra impugnava una spada, ora puntata alla gola dell’Inquisitore, mentre con la sinistra inguantata teneva per il collo la creatura che le si era scagliata contro. Immobilizzato in quel lungo attimo, l’Inquisitore non sapeva più che fare. Aveva reagito all’impulso di proteggere la ragazza dal mostro cercando di frapporsi fra i due, ma adesso temeva di essere lui quello ad aver bisogno di aiuto. 
La creatura tendeva le braccia verso di lui, emettendo un gorgoglio strozzato, e solo la forza incrollabile della sua Fede gli impediva di fuggire per il terrore opprimente che quella cosa emanava. “Non... fate un altro passo” ringhiò a denti stretti la ragazza, senza guardarlo “se riuscisse a toccarvi... vi ruberebbe l’anima”. C'era qualcosa di strano nella sua voce, di metallico. Von Braun indietreggiò, respirando a fatica, ed estrasse il simbolo di Thorm da sotto la casacca, recitando mentalmente una preghiera. Dana piantò la spada nel terreno, e con la destra ora libera rinsaldò la presa sul mostro. "Come acciaio" sussurrò, guardandolo dritto in volto.

L'Alchimista passeggiava nel Quartiere della Torre, godendosi l'ultimo chiarore della giornata. Le braccia incrociate dietro la schiena, il passo lento e quasi incerto, aveva già superato il grande colonnato che circondava quella che era stata la Torre della Magia, e si dirigeva verso il Pozzo. Curvo sotto la gobba lievemente pronunciata, squadrava dal basso verso l'alto le rovine intorno a lui, l'occhio sinistro mezzo chiuso per la luce troppo forte. 
Amava tornare in quei luoghi. Gli ricordavano gli anni d'oro dell'alchimia, quando i grandi laboratori sotterranei fremevano di attività. Gli ricordavano anche che tutto cambia, proprio come la l’Unica Scienza insegna. Scelse con cura una colonna caduta sulla riva del piccolo lago che chiamavano il Pozzo dei Desideri e si sedette lentamente, ammirando il cielo terso della sera. Rovistò per un po' fra le vesti sgualcite ed estrasse una piccola fialetta di liquido nero come la notte, fece un sorriso sdentato e bevve d’un fiato.

Odetta camminava al fianco del nano rapitore, lungo uno degli stretti viottoli che dalla città bassa portavano verso Porta Dorata. Il mezzuomo procedeva guardingo per strade che lei a malapena conosceva, dimostrando una cognizione di quella parte della città che l’aveva stupita. Odetta aveva paura, ma non osava fare nulla perchè la principessa era ancora in balia del Badhi che gli altri tre chiamavano Orso, e se anche avesse deciso di scappare da sola, non pensava di riuscire a fare molta strada. Cosi, mentre risalivano verso la zona nobiliare della città, scrutava di sottecchi i suoi rapitori. Il nano che la sorvegliava non le aveva rivolto la parola da quando si era svegliata, nel vicolo vicino a Piazza Storta. 
Ripensando alla cosa, ancora non aveva capito come avevano fatto ad arrivare dalla Piana Lunga fino alla Capitale in meno di mezza giornata. Temeva di aver dormito molto più di quanto pensasse. Si voltò a guardare la donna che li seguiva: aveva cambiato la maschera, ora di lucido metallo, ma era sicuramente la stessa persona che l’aveva avvelenata nella Foresta. Anche se non poteva vederne il volto era sicura che anche adesso la stesse fissando. Con un brivido riprese a guardare dritta di fronte a se. 
Il gigante portava la Principessa ancora legata sulle spalle, e di fianco a lui camminava un giovane di bell'aspetto. Oltre le due figure si stagliava il grande cancello che segnava l’ingresso a Porta Dorata. Quando arrivarono alla fine del vicolo si fermarono. Davanti alla grande grata d’oro che dava il nome al quartiere una pattuglia della Guardia Cittadina bloccava loro la strada. Il Badhi si acquattò contro un muro, mentre il giovane si inginocchiava nell’ombra. Quando il nano fece per voltarsi e tornare indietro, Odetta si mise ad urlare con tutte le sue forze.

Prima di vederlo, lo sentì arrivare. Un fruscio, come di vecchi abiti strascicati sul pavimento, e lo scricchiolio di legno secco, alternato dal rumore di qualcosa di denso che gocciola incessantemente. L’Alchimista, gli occhi neri come la pece spalancati ma ciechi, parlo’ per primo. 
“L’hanno trovata?” 
La figura si stacco’ dalle ombre “Si, e sono già di ritorno, hanno viaggiato nelle Vene della Terra”. La voce, poco più di un sussurro nella brezza della sera, riecheggiava di mille sfumature insieme. 
“Dimmi, che cosa e’ successo?” chiese ancora l’Alchimista “Hanno incrociato il sentiero con l’Anima d’Acciaio, e hanno preferito evitare lo scontro” rispose la creatura, andando a sedersi di fianco al vecchio “Saggia scelta..” commentò lui, esibendo uno sdentato sorriso di soddisfazione. 
“Non è stato un caso” spiegò la figura ancora immersa nell’ombra “l’Anima d’Acciaio era li per un motivo. Era alla foresta per ordine del Gran Sacerdote”. 
L’Alchimista si voltò verso la voce “Cosa significa? Cosa c’entra l’Evocatore della Vita?” chiese “E’ stato ordinato all’Anima d’Acciaio di trovare qualcuno. Qualcuno che solo lei ha la forza di riportare indietro. L’Anima di Morte”. L’Alchimista si alzò di scatto “Se anche la Morte cammina libera... che cosa stanno tramando gli Evocatori...” rifletté a bassa voce, e a tentoni si avviò verso il Palazzo. 
“Un’ultima cosa” aggiunse la creatura scivolando da un’ombra all’altra “prima che l’Anima d’Acciaio lo trovasse, anche i quattro hanno avuto modo di conoscerlo. In particolare il Falco” concluse con una nota di scherno nella voce. L’Alchimista sbatté le palpebre un paio di volte, finché il colore tornò a essere quello di sempre, e si affrettò lungo il viottolo che portava fuori dal Quartiere della Torre. Doveva trovare il Falco il prima possibile.


"Ma no, non è mica oro vero. E' solo placcata. Mica siamo nani, qui..."

Sergente Terrence Kipple ad una recluta


La parte precedente la trovate QUI



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Con velenosa franchezza,

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